sabato 30 giugno 2007

All'Accademia

Finchè un giorno non entrò una bottiglia.
Ne sentimmo la vampa di fuoco, il crepitare del vetro dissolto.
Qualcuno aveva chiamato l'arte alla lotta e deciso che c'era arte di regime e arte di contestazione.
E intanto bruciavano le tele, e annerivano i muri.

E io, che non leggevo Marx e che Schmitt non l'avevo mai amato, mi ci trovavo indiscutibilmente in mezzo.

IL MATRIMONIO MULAZZANI

Ma quella del matrimonio Mulazzani me la ricordo bene.
I paggetti e le damigelle si inseguivano per le gradinate del Duomo d'Amalfi.
I genitori dello sposo che si sposava in uniforme erano emozionati e sudati: in celeste e con il cranio rasato Alberto, ex pilota militare, e con un abito blu a fiori sua moglie Gisa, una bella signora lombarda.
I coniugi Raia stringevano la mano di Loredana, radiosa nel macramè bianco latte. Lei teneva la mano di Enrico, che alla destra portava la sciabola da cadetto.

I signori Raia erano persone umili, io mi augurai solo che la foto che avevo davanti agli occhi non si avverasse tanto presto. Sperai che il destino di quel pilota in missione di pace in una terra lontana non spezzasse quei sorrisi.

Ma ora c'era da pensare al presente. E a un fotografo che vede il futuro nessuno dà credito.

A SANTA MARTA

A SANTA MARTA
Rumore, rumore. Santa Marta non era mai stata come in quel 1977, e forse non lo sarebbe stata più.
Le contorsioni di parole e suoni di Demetrio e degli Area facevano imbestialire Giuan, ma il portiere del palazzo di fronte, in fondo non li aveva mai amati, quei ragazzi con la barba e le bandiere di Cuba.

Habibi Habibi, cantava Demetrio e Giuan bestemmiava a ogni attacco della chitarra elettrica.

Era un minuetto macabro, era il progressive.

martedì 19 giugno 2007

UN FIORELLINO AZZURRO

Un fiorellino azzurro in un prato non fa poesia.
Il poeta distratto preferisce fumare, e scartarlo.
E non s'accorge che la cenere spegne quei colori.
Troppo tardi, ha arso ciò che era sotto gli occhi.
Ora dovrà inventare di aver visto qualcosa.

Lui che l'ha spazzata via nel silenzio.

LE CORNA

Riusciva, quella donna, a nascondersi e a nascondermi la sua vita.
Avrebbe potuto celarmi una vita parallela di uomini e gemiti frettolosi, in un autogrill della statale. Scelse di nascondermi un libro.
Nei momenti vuoti non guardava la tv, girava le pagine da più di un mese.
Per se stessa. Orgogliosa come una gatta ferita, sognava settembre.
Una riscossa che poteva diventare una valanga senza limiti.
E pazienza se era sola. Meglio essere creduta traditrice che vinta.
E pensando questo, girò pagina e chiuse un altro capitolo.

sabato 16 giugno 2007

UNA SEMPLICE TAZZA DI TE' LONDINESE

Ho comprato una tazza di tè. L'antiquario ha voluto narrarmene la storia. Pensavo potesse interessarvi. Sapete come sono gli antiquari londinesi. Preferirebbero non essere pagati piuttosto che perdere l'interesse di un viaggiatore.

Henrietta e Wilfred Young si sposarono nel 1850, lei aveva vent'anni. Era la terza figlia di Marcus Classen e Therese Kufstein Riedock.
Le sorelle maggiori, le gemelle Arabella e Margarethe piansero molto la perdita di una sorella cui erano molto unite, andata sposa a un ricco e arrogante inglese.
Wilfred impalmò la sua Henrietta in una seminascosta chiesa della capitale, ma non fu un matrimonio felice. I pettegolezzi all'ora del tè spesso coprivano l'atmosfera di una casa vuota, che Sir Wilfred, pur quarantenne, abbandonava di frequente per quelle che fingeva fossero cacce alla volpe.
Una mattina fu trovato agonizzante per un colpo di fucile da caccia, e arrestarono Lorrraine Coen Salmon, un' inquieta donna del Kent di famiglia ebrea, con cui Wilfred sembrava smaltire le ansie del matrimonio.
Gli Young ebbero un solo gfiglio, John Luke, nel 1871.
Questi, prima di morire nel 1903 per un attacco di cuore, fece in tempo a mettere al mondo Conrad (1896), Humphrey (1898) e Barbara Ann (1900).
Conrad morì giovanissimo annegato nel Thames a soli 10 anni, mentre Humphrey, forse il più noto della famiglia, fu attore di teatro, spegnendosi di vecchiaia nel 1980 nella sua villetta d campagna a Beccles.
I figli, Anthony (1918) e Patricia (1924), viventi, abitano vicini, in due ricche case della Cornobvaglia, aspettando che gli eredi gli portino via le ricchezze accumulate in oltre 100 anni di storia familiare.
Barbara Ann morì serenamente nel 2000, dopo una vita centenaria, spesa, tra le altre cose, a curare, almeno fino al 1979, l'immagine del Celerey Tea nel mondo.
Morta nella sua poltrona, con uno strano ,soddisfatto sorriso, la vecchia Barbara Ann Young ancora stringeva un cookie ricoperto al cioccolato bianco e una tazza di costosa porcellana, profumata di tè qualità Darjelling.

La stessa tazza che ho appena poggiato a lato del mio laptop.

giovedì 14 giugno 2007

Data Astrale 2578. Arrivo a Neurona

Primo Taxiport. Mi ha fregato un junghad. Però ci ha messo pochissimo. Me la ricordo duecento anni fa, Neurona. Una coltre verde e viola, ci vedevi gli sgorax accoppiarsi, e le mascelle di enormi garoniz, divorare, nascosti tra i fiori di ufangre, le larve poco attente di uei. Ora Neurona è zolfo e morte. Bruciata dagli acidi. Ma devo lavorare, e scatto. Primo reducs, ho acquisito un sintovegetale che sbuffa fumo dal sifone. Altro reducs, il corpo senza vita di un verme della specie roddày. Acquisito un sasso blu, forse traccia cristallizzata di una coppia di mattajes. Ancora due. Fermo un mercante di tentacoli di saxxum, ha anche delle teste. Me ne fa assaggiare una, ricoperta di salsa e cenere. Lo saluto. Ultima acquisizione, il mio volto. La pelle grigia non c’è più, e due dei miei otto occhi sono guasti e non trasmettono. Devono rivederli questi fottuti bioritrasmettitori! Qualcuno ci morirà, prima o poi… Taxiport di ritorno. Altri otto junghad buttati via.

mercoledì 13 giugno 2007

WORM HOTEL

"Non ha prenotato? Hmm, no, a quanto pare", disse l'addetto alla reception.
"Bene, dovrei avere spazio in uno scatolino di cerini. Ecco la chiave."
Berosdeo e Cramella strisciarono fino a quel sogno di stanza.
Polvere di zolfo dappertutto, piccole schegge rosse come rose degli innamorati, e succulente macchie di grasso.
Strisciarono insieme fino a un piazzale di colla asciutta.
Lui la prese e senza molta timidezza, le si avvinghiò.
Certo, per due vermi poveri come loro non era grande e profumata come una mela o lucente e morbida come una bistecca, ma era la felicità.
Il paradiso, per due vermi semplici.