Ma cosa è davvero il Web 2.0? In Italia è molto usato, ma ancora troppo poco conosciuto, dato quasi per scontato. I feed generators e i podcast ci propongono quella precisa notizia cercata, e non altre, sul nostro desktop. Il web mobile, iniziato con la prima ondata dei telefonini wap, ed esploso con l’uso delle tecnologie UMTS, oggi è un laboratorio che produce contenuti per l’esterno e ne recepisce dall’interno. Fioriscono communities professionali, sull’esempio di Linkedin, biglietti da visita su web che seguono i cambiamenti professionali dell’utente come su Plaxo, mentre tra i più giovani l’effetto narcisistico di postare video dilaga. YouTube ormai è storia, ma la videoteca virtuale ha preso mille rivoli, tra i quali Metello, oggi almeno in Italia uno dei centri più interessanti e sconcertanti, di produzione contenuti. Un sociologo potrebbe spiegare tutto in chiave di riscoperta estrema dell’individualismo, o, anche di rivendicazione dell’esistenza in un mondo troppo spesso indifferente. Eppure, da quando è nata Wikipedia, non esiste voce dell’immaginario che non approdi a questo giacimento di cultura condivisa, al quale tutti possono accedere. Non a caso chiunque viva il Web 2.0 è definito, semplicemente, Wikio. Non c’è settore che sfugga a questa rivoluzione culturale: quello che in epoca cartacea era la fanzine, oggi è la rivista online, o il blog, purché, è chiaro, inteso come isola nell’arcipelago della Blogosfera. Un mondo, quello odierno, che porta due grandi passaggi: democratizzazione delle culture, ma anche corruzione di identità e informazioni, che spesso, e una community in proposito è già stata fatta, confondono leggende metropolitane e realtà. Per questo anche il sito di un cantautore come Claudio Baglioni si trasforma in Patapam, una vera città del lontano futuro, dove il senso della comunità prevale, fino a oscurarlo, sulla musica e sul senso della memoria. Cambia, col web, la comunicazione, e dunque, la vita.
sabato 2 febbraio 2008
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