mercoledì 10 gennaio 2007

IL TRIANGOLO DELLA MORTE

"Invio. Fatto. Stasera leggerà. "Vanni Andreini spense il Notebook e lo ripose nella custodia. Non tornò a letto da Giuliana, preferì guardare con malinconia il sole sorgere tra i colli. Non sapeva se sarebbe stata l'ultima notte con lei. Forse era giusto così, andarsene scrivendo un postit. C'era da prendere quel treno, avrebbe capito. O forse no. Mentre aspettava il taxi fumando la sua Winston, avvertì come una strana sensazione. In macchina faceva freddo, il tassista non aveva voglia di parlare, Vanni si aggiustò il bavero del loden, e guardò l'orologio. Rischiava di perdere il Roma - Reggio delle sei e mezza. "Può fare più in fretta? Sa, c'è il treno che..."Il tassista sbuffò e cambiò marcia. Roma correva ai lati dell'Alfa. A Termini non era mai facile trovare il binario. Ma doveva essere il 14. Anche stavolta niente caffè. Carrozza 3, posto 96. Eccoci.
Mia Romito pensava a che schifo di giornata l'aspettasse, al sindacato quel pomeriggio. Ma prima c'era da farsi il solito giro a Reggio Calabria, il pieno da fare, magari con l'auto del vicino parcheggiata giusto fuori il garage. Niente di peggio di un lunedì per peggiorare il mal di testa. Neanche la doccia sembrò cambiare la situazione, e neppure un po' di quella tisana dolce che le aveva già risolto qualche mattina. Alzò la saracinesca, era giorno di mercato ma non aveva voglia di vedere i commercianti montare le tende. Partì dalla Piana troppo presto quella mattina. Accese Isoradio per cercare quel pezzo dei Muse che le ricordava di lui, pensando che quel lunedì sera diventava più simpatico se pensava che l'avrebbe rivisto e si sarebbero magari amati un po' tra le coperte di quella casa così fredda al numero 9 di via Tripodi.
Giuliana cercò ancora al buio tra le coperte la mano di lui. Non trovandola, sentiva il cuore battere più forte. Accese il lume e vide solo lenzuola scomposte. Un gran senso di vuoto. Vestita alla meglio, corse in cucina. "Dormivi così bene. E io ero così confuso. Scendo con l'Eurostar a Gioia stamattina. Ti chiamo appena posso. Ho bisogno di capire delle cose, e di capire se è ancora amore, il nostro." Si asciugò le lacrime e cominciò a pensare che forse stava proprio per finire, tra lei e Vanni. Alla fine sembrava avere vinto l'altra. Andò a chiudersi in bagno, per piangere seduta fumandosi il dolore in pace.
A Maratea mancava poco. Girolamo Cedro era nella Volvo di Michele Zito che guidava silenzioso. Gli fece un cenno, e mentre l'auto accostava al belvedere, fece quella chiamata. "Pronto? A bellizza, allora! A che punto siamo? Stiamo bene?" "Tutto a posto, cumpari, li stiamo aspettando anche noi. Sto qui con l'amico Rosario, che anche lui conta i minuti..." Girolamo salutò e andò a guardarsi lo spettacolo. Era una macchia bianca e rossa, da lontano. Poteva contenerla nelle mani. Solo quando iniziò ad avvicinarsi sembrò assomigliare un po' di più a un treno. Veloce, lanciato, senza ostacoli, il Roma - Reggio delle 6,45 saltò in aria in un silenzio apparente. Il fuoco e le lamiere contorte si mischiavano alle rocce e al mare blu scuro. Dalla distanza sembrava tutto così perfetto, anche le carrozze di prima classe e il locomotore sventrato, e il resto del treno che secondo dopo secondo si piegava come un animale ferito sulla massicciata. Mommo Cedro non potè trattenere una risata di soddisfazione, buttando la sigaretta tra i sassi bianchi. Michele Zito mise in moto la macchina, e partirono verso Reggio.

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