martedì 8 maggio 2007

IL COMMISSARIO CHE VEDEVA I MORTI

Ogni scrittore ha un dono, e, insieme, una condanna: riesce così bene a dare vita ai suoi sogni, che piegato da tanta magia, finisce per inseguire creature invisibili. Per questo, perchè è prima di tutto un uomo che sogna, Maurizio de Giovanni riesce a consegnare il suo sguardo all'ignoto. Nell'istante in cui dà vita al suo Commissario Ricciardi, Maurizio smaterializza, sfalda la Napoli di oggi, per ripiombare, e noi con lui, nelle atmosfere della Napoli del Ventennio; un autore che vanta una straordinaria intimità con i materiali del Primo Novecento, tanto da sembrare medianicamente presente in quel 1931 di vicoli e strade di povertà e rigore, di colpevoli inermi e vittime consapevoli. La galleria umana de "Le Lacrime del Pagliaccio“, opera prima di de Giovanni, esplode sotto i nostri occhi, in coriandoli amarissimi di dolore e fame, gelosia e ambizione. Un affresco delle miserie della metropoli, nel quale si è colpiti dal violento contrasto tra il nitido degrado della borghesia e dalla sudicia fierezza della plebe; classi che si disputano il pane, l'amore, la sicurezza, nel sangue. Eppure, il romanzo di questo tenore geniale e odioso, trucidato nel suo camerino misteriosamente, nel mezzo della messinscena al Lirico San Carlo, tra tanti possibili testimoni, e troppi possibili colpevoli, è straordinariamente agile e ben fatto, alleggerito da tocchi di humour e da personaggi di contorno scolpiti come pastori del Seicento. Il risultato è che l'indagine sulla morte del tenore Vezzi, compiuta da un commissario - antieroe che ha la maledizione di rivedere l'ultimo istante di vita degli uccisi - diventa lo sfondo per una ricostruzione potente e accurata del 1931 a Napoli. Un anno del quale pur mancando le fonti documentali, de Giovanni ha saputo trasmettere gli odori, le angosce, i silenzi e il vento. Napoli appare così finalmente libera dal clichè visivo dei panni al sole e del mare, mostrandosi più che mai cupa e livida, visivamente più reale del vero. E se povertà e fame, gelosia e sesso, invidia e ambizione sembrano reggere Napoli e la diversa umanità che la abita, credibilissimi restano i gesti in vita e in morte dei personaggi, primo fra tutti il commissario che usa il dono oscuro di vedere i morti nei loro ultimi istanti per chiudere un'indagine. La scena del San Carlo, i personaggi che creano la rappresentazione, i sovrintendenti, il pubblico: ognuno sembra nascondere segreti, invidie, umiliazioni; ognuno potrebbe aver ucciso il più grande talento della lirica italiana, il tenore con la voce d'angelo e l'anima di un diavolo. Un'indagine voluta in tempi brevi addirittura da Roma, da quel duce capo del Fascismo che resta sempre sullo sfondo, invisibile e cupo presagio egli stesso. Ancora un volta metodicamente, scrutando gli sguardi dei vivi per placare l'urlo dei morti, Ricciardi risalirà il filo degli eventi, risalendo il ventre della città, frugando nei suoi cassetti, tra le sue lenzuola, fino ad arrivare alla verità.
Solo un anno fa Maurizio de Giovanni era un funzionario di banca che scriveva per passione personale. Dopo l'esperienza del laboratorio di scrittura comica "Achille Campanile" ha trovato la sua maturità espressiva, rivelata da concorsi letterari vinti in scioltezza. Di particolare rilevanza la vittoria nella sezione "brevi" del concorso che ha poi dato luogo a "Vedi Napoli e poi scrivi", antologia edita da Kairòs - Napoli, che è stata un piccolo caso editoriale a dicembre con la prima tiratura andata esaurita in poche settimane. Proprio grazie a un concorso per giallisti, "Tiro Rapido - 911 Minuti" organizzato fra gli altri, da L' Europeo e Porsche Italia, nacque in un caldo giorno di giugno del 2005 il commissario Ricciardi. Lo sguardo misterioso di una bambina appoggiata alla vetrata del Caffè Gambrinus fece germogliare il plot de "L'Omicidio Carosino", che superò le selezioni napoletane. Alla finale fiorentina c'eravamo anche noi, a bere con Maurizio quel cattivo caffè su Ponte Vecchio. Un caffè portafortuna, che poche ore dopo rivelò un talento di romanziere. La sera della premiazione de "I vivi e i morti", il più scettico sembrava proprio il premiato. Oggi, che Maurizio ha ceduto i suoi occhi profondi e inquieti al personaggio, ne "Le lacrime del pagliaccio" avvertiamo, sotto la patina nera del delitto, respiro e architettura di un piccolo grande romanzo storico. Le lacrime del pagliaccio assassinato al camerino del trucco, sono uno specchio sociale modernissimo, di una Napoli creduta persa e invece ancora esistente. In quella città che ha riaperto gli occhi sul suo passato, rivivono le nostre debolezze e tragedie di popolo. Maurizio de Giovanni avrà spazio nelle nostre librerie tra i classici del giallo, e si guadagnerà l'affetto dei lettori, così come il suo Commissario, segretamente innamorato di una donna semplice e timida come lui. Sommessamente, non potremo che desiderare di seguire i suoi incubi per molto tempo ancora.

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