sabato 10 gennaio 2009

L'AMERICANO

Non so di preciso perchè lo chiamassero l'Americano. Forse perchè aveva i capelli biondi e lunghi, o magari perchè era nel contrabbando. Cambiava di continuo mestiere, ma ogni lavoro era una copertura. Potevano essere mozzarelle, orologi, giocattoli o mobili. Era un uomo spaccato: affettuoso, abile e onesto quando vendeva. Poi di sera gli scooter dei muschilli che sostavano a motore acceso in piazzetta prima di correre a spacciare roba per tutta Napoli, facevano capire tutto. L'Americano era quello che a Capodanno prendeva tutti i fuochi dell'invenduto e li sparava. E il rione risuonava di energia. Nessuno gli domandava chi era e cosa faceva quando vendeva la bandiere del Napoli in quelle domeniche profumate di scudetto. Poi qualche anno fa gli hanno sparato, per una storia stupida, di motorini. Se un malamente può essere buono, lui lo era.

mercoledì 19 novembre 2008

La Depre

La chiamano così, in spagnolo, perchè è slang, e perchè forse c'è paura di sporcarsi le labbra con quella parola sinistra, che ti trascina in fondo, ti stringe la gola, ti punge i fianchi, fermandoti la vita come sabbia in un motore. Io la depressione la vivo. A volte vince lei, e sembra apatia, o pigrizia. A volte vinco io, e ho la sfrontata euforia di chi vive l'attimo. Scrivere significa per me, in questo senso, combattere. E oggi dopo un inizio spento, mi sono rialzato. Già questo mi fa sentire più leggero. Non scrivevo da sei mesi, e ho avuto anche buoni motivi. Sono tornato oggi.

martedì 27 maggio 2008

LETTERA D'AMORE IN UN POMERIGGIO DI GIUSTA DISTANZA

LETTERA D'AMORE IN UN POMERIGGIO DI GIUSTA DISTANZA


Claudia, fiore,

Le cose vanno viste alla giusta distanza. Troppo occupato da pensieri devianti, perdo ogni giorno il significato dei miei ricordi, se non li salvo in una fotografia. Per questo sono seduto in una panchina di confluenza, tra le scale e il corridoio. I Dik Dik dell’Isola di Wight e le zanzare sono la mia compagnia, ma stavolta ho un pensiero nitido e diretto. Guardo il fondo del corridoio, lì dove l’ingresso del salone si riflette sul pavimento come un palazzo di libri in una pozzanghera di luce del pomeriggio. E vedo noi, tra la libreria bianca, montare da estranei il tuo portacd, e quella estraneità durare i pochi metri dal salone al bagno. Non capirò mai cos’è l’amore, se non trovo il tempo per ricordarlo. Se permetto alle brutture di ogni giorno di corroderlo. L’amore è quella carezza unica che si posa su due sguardi soli e li concentra su un unico orizzonte. E l’amore è un regalo, di te che cedi la tua energia e i tuoi giorni più belli e sofferenti a me, che arrivai per caso e resterò per un buon motivo: tu

Ti amo, e ho il groppo in gola, perché quasi piango di gioia.

Gianluca*

mercoledì 27 febbraio 2008

PREGHIERA PER GLI INERMI

Per chi muore nel silenzio
sotto i colpi della nostra ipocrita indifferenza.

Per chi agonizza ai margini di strada,
nei letti d'ospedale, nelle carceri.

Per chi paga senza colpa
le colpe di chi paga
per non avere colpa.

Io prego

mercoledì 6 febbraio 2008

VORREI UNA CANZONE

(DEDICATA A CLAUDIA CARLINO)

Vorrei lo spazio di una canzone
per poter spegnere il motore.
Vorrei guardarti chiudendo gli occhi
sentire il peso dei tuoi respiri.

Vorrei fermare la corsa del treno
prima che si allontani troppo.
Vorrei costringermi per esempio
a sorriderti del tempo.

Ma non è facile sfiorarci
tra le distanze ed i capricci
non è facile parlarci
dimezzandoci i silenzi...

RIT.
Per questo prima di morire, almeno qui
vorrei lasciarti il mio ti amo.
Da tenere in un fotografia.
Da respirare piano piano.

Per questo anche se ti sembra triste,
voglio descrivere il momento
in cui lontano dalla terraferma,
il mio corpo viaggerà nel vento,

lontano,
ma mai davvero lontano,
da te

sabato 2 febbraio 2008

Milan - Napoli

Un 14 gennaio dell'Ottantotto, sarà stata la pastiera o il destino, ma il
Napoli iniziò l'anno subendo a Milano rossonera un rovescio pesante. Quattro
a uno, San Siro in delirio, Van Basten e Gullit passeggiavano sulle spoglie
azzurre, la squadra di Maradona irriconoscibile. Tiziana, la più carina
della classe, faceva diciott'anni. Incredibile, sono passati vent'anni,
Tiziana ha marito e figli, e neanche mi saluta più. I giri della vita ci
cambiano, ci bruciano, ma il calcio riannoda fili lontani. Il Diavolo e il
Ciuccio sono ancora lì, con la loro storia, a farci palpitare, soffrire,
imprecare. Un trucco per trovare in una maglia quella speranza che troppe
volte la vita stessa mette in crisi. Ventidue eroi in calzoncini, per
sentirsi anche noi da casa, vivi. E più giovani di vent'anni.

LA VITA E IL WEB 2.0

Ma cosa è davvero il Web 2.0? In Italia è molto usato, ma ancora troppo poco conosciuto, dato quasi per scontato. I feed generators e i podcast ci propongono quella precisa notizia cercata, e non altre, sul nostro desktop. Il web mobile, iniziato con la prima ondata dei telefonini wap, ed esploso con l’uso delle tecnologie UMTS, oggi è un laboratorio che produce contenuti per l’esterno e ne recepisce dall’interno. Fioriscono communities professionali, sull’esempio di Linkedin, biglietti da visita su web che seguono i cambiamenti professionali dell’utente come su Plaxo, mentre tra i più giovani l’effetto narcisistico di postare video dilaga. YouTube ormai è storia, ma la videoteca virtuale ha preso mille rivoli, tra i quali Metello, oggi almeno in Italia uno dei centri più interessanti e sconcertanti, di produzione contenuti. Un sociologo potrebbe spiegare tutto in chiave di riscoperta estrema dell’individualismo, o, anche di rivendicazione dell’esistenza in un mondo troppo spesso indifferente. Eppure, da quando è nata Wikipedia, non esiste voce dell’immaginario che non approdi a questo giacimento di cultura condivisa, al quale tutti possono accedere. Non a caso chiunque viva il Web 2.0 è definito, semplicemente, Wikio. Non c’è settore che sfugga a questa rivoluzione culturale: quello che in epoca cartacea era la fanzine, oggi è la rivista online, o il blog, purché, è chiaro, inteso come isola nell’arcipelago della Blogosfera. Un mondo, quello odierno, che porta due grandi passaggi: democratizzazione delle culture, ma anche corruzione di identità e informazioni, che spesso, e una community in proposito è già stata fatta, confondono leggende metropolitane e realtà. Per questo anche il sito di un cantautore come Claudio Baglioni si trasforma in Patapam, una vera città del lontano futuro, dove il senso della comunità prevale, fino a oscurarlo, sulla musica e sul senso della memoria. Cambia, col web, la comunicazione, e dunque, la vita.

IL LATO DOLCE DEL TEMPO

A Paola Sclebin e Valentina Florio, neomamme.


Per te un miracolo, una scommessa,
il lato dolce del tempo.
Una voce e uno sguardo nuovi,
dentro una presenza,
affacciati sul mondo una speranza.
Per gli altri è solo tuo figlio.

mercoledì 9 gennaio 2008

Numero 6, Gaetano Scirea

La voce dello stadio per il 6.
Anche qui dove odiano la Zebra.

Il capitano, occhi attenti e ben nascosti,
non si fa distrarre mai.

Se un'azione si rovescia
è una lama in area di rigore.

Se lo segui con gli occhi
inciampi spesso in un sorriao.

Gaetano bianconero anche nel sangue,
la notte dell'Heysel,

il timido campione della gente.
Se solo fosse qui.

Ora corre su un rettangolo di cielo,
braccio teso prima di crossare.

mercoledì 19 dicembre 2007

Dicette 'o pappece

Dicette 'o pappece vicino' a noce:
damme tiempo ca te spertoso...

E mò ca ll'aggio spertusata,
'sta noce d'a vita mia,
'nce truovo tutto,
fore chello ca me serve.

Ce truovo 'e possibbilità,
parole e cunforto,
idee e nuvità,

ce truovo tanti ccose,
speranze, zizzinelle,
ricuorde e ammuine.

Tutto 'nce truovo,
ma chello ca me manca,
è chella sola cosa
ca c'aveva stà:
a noce.

Eh, se l'ha magnata o verme.
E mmentre Je pensavo, isso magnava.

Ha fatto primma' e me,
e ha fatto a meglia cosa.

sabato 27 ottobre 2007

QUEI TUOI OCCHI


Perchè poi le mie parole
dovrebbero sottolineare questo tuo sguardo
già orgoglioso da solo
della sua straordinaria forza?
forse per un ritorno
difficile ma necessario
alla sostanza del desiderio.
smettere subito l'abitudine inutile
di cercare paragoni
quando da soli
parlano
Quei tuoi occhi.

giovedì 4 ottobre 2007

RACCOLTA FONDI FASHIONYOU

mercoledì 19 settembre 2007

Cristian se ne è andato dal foglio

Cristian scappava, senza pace. Correva da una parte all'altra della pagina. Era evaso dallo storyboard, troppo angusto per lui. Agli altri personaggi la storia andava bene. Non a lui.
E scappava, da tutto. Dalle gags scritte male, dalle forzature di senso, dalle banalità del soggetto, dalle ironie dell'editor. A Cristian l'autore non voleva bene. E allora, perchè crearlo?
E ora perchè buttargli addosso storie di altri personaggi? Cristian voleva giocare a calcetto, scapparsene in un vicolo a guardare balconi e archi antichi, bere una birra guardando la tv, fumare su un prato con una ragazza conosciuta alla stazione.
Cristian era tantissime cose che l'autore non voleva fargli rivelare. E allora poteva solo morire o scappare.
Quella fuga non sarebbe finita mai.

lunedì 17 settembre 2007

Il nostro angolo di cielo

E fa niente se abbiamo ancora addosso la giacca e le parole d'ufficio.
Manca il tempo anche solo per sognarlo, una parco, qui a Milano.
Conosco una stradina del centro, tra murales e bottiglie di birra.
Sa di piscio e pioggia, ha tre saracinesche che rientrano nel muro.
Ce ne andiamo lì, a baciarci tra due biciclette e un cane portato a spasso,
dove il rumore dei passi è più attutito, e Milano per un attimo si ferma.
Un bacio dato in fretta, scordando quest'ansia assassina.

mercoledì 12 settembre 2007

IL GIORNO DEL MILAGRO

IL GIORNO DEL MILAGRO
El Condor pasa in una sera di pioggia. Santo Stefano buia. Due che varcano il silenzio di candele a lato dell’altare. Facce peruviane, di chi lavora duro da anni. Ma senza stanchezza. Milano è una vicenda di vetro e cemento, e resta fuori. Padre Giancarlo protegge il suo gruppo del Sud del mondo. Diffidenza, ma qualcosa cambia e ci si sorride. Il capocomunità Luis Gomez apre un mondo: Peruviani a Milano, cinque anni di lavoro, oceano e parenti da rimpiangere, in un call center a Lorenteggio da 2 euro all’ora, o mezzora di pony express a dar via buste a San Babila. Luis, stanco, continua a raccontare. Si va avanti, davanti a un quadro di Cristo che per i Peruviani è tutto. I Peruanos morenos frequenti a Chincha, non lontano da Lima, discendono dagli Africani d’Angola. C’è traccia già nel XVI secolo di questa presenza, ed è significativo che il quadro miracoloso del Señor sia stato dipinto da uno schiavo angolano, senza cultura, nella Chiesa di Pachacanàl. L’abito viola, e il mes morado traggono il nome proprio dal Señor Morado. Ognuno indosserà qualcosa di viola fino al 5 novembre; anche solo la figurina sacra, il “detente”. Ora il “Señor” è appena un oggetto, mentre nell’altra sala si provano i canti e le coppie giovani scherzano sul matrimonio. Il Rosario in spagnolo è un cambio di mondo. Milano che verrà parte dai Dies morados, i giorni del viola. Nel giorno del Señor de Los Milagros, tutto si ricomporrà, ma Santo Stefano è un’officina, un caos di lampade, attrezzi, batterie di camion. L’altare è la rimessa per la macchina da festa. Tra poco si andrà in scena al Duomo. Per questo le donne lucidano ossessivamente la cornice d’argento del Señor. Quattro bottigliette di Sidol, strofinacci e passione. Gli uomini si tirano su con due grissini mentre fissano le slitte di metallo, o, provano il gruppo di continuità. Il Cristo, lustrato, viene incorniciato tra i legni, alzato, rigirato, e riadagiato sul tavolo. Fa scandalo, la fede, nella città fredda. di sabato. Il motore fuma olio bruciato, i fari gettano luce su angeli e elettricisti ai lati della Macchina.”Todos tendremos que ir al Duomo”, vero. Cesti di fiori rossi e bianchi di Perù, Musica solenne, tristissima, dolore che si porterà a spalla. In questa parte spoglia di Santo Stefano tra quadri e tombe, foto di gruppo dei fioristi, in mezzo a ventagli di foglie. Il quadro sotto un telo bianco, le candele scolpite di viola e turchese. “Con nosotros està, su nombre es el Señor...” cantandola nessuno dovrà sfigurare, domani. “Anche a Cesano Boscone, ha esaudito le preghiere. Si piange di gioia”, dice Esther, “davanti al Señor de Los Milagros.” Edith pregherà per chi soffre e per gli Italiani, che “ci hanno aperto le porte del cuore”. Ci ringraziano per averli ospitati, permettendo la festa. Noi, che gli abbiamo offerto vite due vani e cucina e file umilianti per uno straccio di permesso di soggiorno? Ringraziano, dimenticano, Estelle, Edith, Luis, Rodolfo. Sanno cos’è l’appartenenza, noi non più. Miguel ha la maglietta del Municipal, eterno secondo di campionato. “Da noi si gioca tanto, ma con meno soldi di qui, dice Marti. Uribe, Vargas Barbadillo, graffiti di calcio peruviano in Italia. Si raccontano svelando dolore e ricordi. La “Presidenta” che promette lavoro al Paese è Maria, nonno di Cologno Monzese, Colombo di cognome. Da Chancai, un’ora e mezza da Lima per undici anni qui, ancora senza cittadinanza. Porterà el color morado fino al giorno di San Martin. Fili elettrici e discussioni sul motore che domani dovrà andare al massimo, ma la macchina da festa, l’Anda, ormai è pronta. Tocca agli uomini. Quattro angeli ai lati, quattro bracci su due lati, istoriati di immagini. Nomi di sottoscrittori e legno massiccio di foglie, conchiglie, inferriate. A Torino l’Anda è in oro e argento, dice Rodolfo. La prima Anda è lì. Nel 1992 iniziò tutto. Si dava ancora corrente con le batterie da camion. Quest’anno L’Anda si illuminerà. Piacenza, Bergamo, Torino, e ora Roma e Napoli. Non solo Milano nel cuore dei Peruviani d’Italia. I quadri coperti e protetti, la macchina oscilla come una bestia ferita. I più forti accostano la portantina di legno alle guance. Si scherza ancora, dietro il gonfalone celeste e oro, della Virgen de Las Nubes, grigi e dorati gli scacchi del pavimento. Si aspetta domani. Intanto la musica copre l’ansia. Strade di un sabato duro da dormire, deserte. Al Duomo, i milanisti girano per birre. Oggi è derby, va così. I bagarini a S. Siro girano biglietti da 70 euro al doppio. Milano che non sai dire, distratta e sfuggente, di colpo attenta, un contropiede contro il luogo comune. Milano sa accogliere. Il camion a telone è sul sagrato. Spalle e gambe oscillano ma non cedono, L’Anda è fuori. La campana rintocca, per abbassare la macchina. Alta se si grida “Brazo!”, ferma gridando “Firmes!”. E alle 18,20 con difficoltà, l’Anda è inghiottita assieme al quadro, coperto. Monsignor Bambarén guarda il carico di uomini chiusi nel camion per proteggere il quadro, fino al Duomo. Il Milagro è al sicuro. La tensione si scioglie, ci si fa fotografare il Señor ridiventa un racconto che evolve. Rodolfo chiede del Derby, e con l’amico avvita staffe di metallo. Erica inquadra in scialle nero il gonfalone viola: “1996 Milano 2003. El Señor de Los Milagros” ricamato di dorature e pietre preziose. Appuntamento domattina, alle 10,00. Al Duomo ancora troppi attrezzi per terra, ma andrà tutto a posto. Trenta uomini, forse meno. Qui tutto è dilatato e formale, il silenzio rotto dagli sforzi di chi trasporta e monta l’Anda. Alla sinistra dell’Anda, il tricolore peruviano, e oltre undici persone a montare, verificare, rifinire. Si prega tra i canti, si aspetta. Non si dormirà. Domani il velo bianco e il vestito morado saranno perfetti. In questa sospensione di tempo si va via lasciando statue gotiche, e scritte in latino, e le facce semplici della comunità. Fermiamo Lorenzo Leòn, Vescovo Emerito di Uacho. Sarà in ansia per domani, o dormirà sereno, certo “felicissimo di vedere il popolo peruviano nel fervore del Crocefisso del miracolo, motivo di vanto, di sano orgoglio. Perchè “La Fede in Cristo Crocifisso, Salvatore e Redentore, accompagna i Peruviani nella vita: e la processione rappresenta questo: momenti allegri e difficili. La gente trova in Lui soluzione ai problemi, ai dolori, ai sogni.” Un Señor de Los Milagros amato fin da niño: “Fu mio padre a tramandarmi questa devozione; con il Suo amore ci aiuta, ci benedice, ci protegge, dobbiamo rispettarlo nei Suoi comandamenti. Ho imparato da piccolo che è un Maestro di vita che non va solo ricordato, ma onorato.” Poi il messaggio a peruviani e italiani: ”Credo che questa devozione a Milano, e la processione, l’incenso, la moralità, tutto dia testimonianza della fede in Cristo. Lo si annuncia in forma pubblica, multitudinaria: tanti fedeli trovano il modo di rinnovare l’evangelizzazione. quando per la prima volta nella storia. El Señor entrerà domani in Duomo. L’ex Majordomo Luis Paniera, tra il 2001 e il 2003 ha guidato la Confraternita. Ci racconta di quando si decide sui confratelli.. L’ammonizione è proposta alla Confraternita: dopo la chiamata di testimoni e le parole del confratello in errore, si decide. Il capo comanda anche Direttivo e confratelli. Rappresenta in qualsiasi cerimonia religiosa, sociale, culturale e politica, la Confraternita, e per farlo deve avere tutti i sacramenti: Bautismo, Comunione, Confirmaciòn e Matrimonio. Ai Confratelli non è necessario il matrimonio, e non è permessa la convivenza. Serve la maggiore età, 3 anni di Confraternita, per esserne Presidente, osservando Statuto e regolamento. Responsabile o Capatàz dell’Anda e di altre processioni e Segretario di una delle 12 Mayordomias del Direttivo, è Rodolfo. Tra le funzioni della segreteria anche la Tesoreria. Aurelio è segretario fiscale e subcapataz dell’Anda. Controlla tesoriere, bilancio e Anda, mantiene la disciplina morale, ammonendo i confratelli. Raccolti i documenti, informa il Direttivo, che dibatte e si pronuncia.. Veglia del sabato notte e rituale dell’abito, da stirare e pulire. Le donne terranno il velo. Domani è già ora. Cielo blu polvere con il numero giusto di nuvole e una Vergine miracolosa che è una bambola di broccato e raso. La cerimonia viva dell’Anda di luci e bandiera del Perù, fiori rossobianchi. I costumi tradizionali viaggiano sull’emozione di chi li indossa verso l’altare. Rosso di vescovi e cardinali. Alternanza di silenzio e canti. I peruviani al Duomo come nella Cattedrale di Lima. La Fratellanza in viola cordoni bianchi portati al collo, l’immagine del Señor, le mani giunte. La cattedrale trabocca quando alle undici, il rito ha inizio tra oscurità e colori. Si inizia in musica. Padre Giancarlo teso ma gioisce. Se solo sbagliassero canti provati tante volte. L'altare un mare rosa di marmo, le colonne alberi di nave. Un Nuovo Mondo di migliaia di occhi acclama il Señor de Los Milagros. Lavoratori e lavoratrici della metro della sera per una volta protagonisti. I gonfaloni delle congregazioni svettano. Arrivano il Cardinale Tettamanzi coi vescovi Leòn e Bambarén. Il coro, vicino all'immagine nell'argento, fonde ballate allegre o requiem tristi, schiavitù del peccato ed emancipazione dai conquistatori. A destra siede un ramo della Confraternita. Il quadro è coperto di fiori e cuori d'argento. Il Cardinale celebra in casigliano e la gente rende la preghiera fisica. L’amarezza annegata nella gioia delle offerte nei costumi con bombette e piume della tradizione. Il grano, la vite, il prezioso caffè; i tricolori italiano e peruviano insieme, i bambini che donano un cuscino su cui il Cardinale riposerà i suoi piedi, nel X anniversario della Comunità di Milano, che viene, passato mezzogiorno, riconosciuta ferma nella fede e nel suo statuto. Commossi e sorridenti i volti di chi supplica da sempre. La tensione si stempera, mentre Tettamanzi dice:“Oggi i peruviani sono milanesi, e i milanesi peruviani” Benedizioni dei vescovi sulla massa, mentre la pesante macchina da festa si alza nella nube d'incenso con il sole tra le vetrate del Duomo. Niente sarà come prima, dopo le mani strette al Padre Nostro, e gli abbracci di pace. La Messa è finita, per italiani e peruviani. Il quadro del Señor splende sul sagrato, le facce dei confratelli stanche per il peso della Anda che in centro ondeggia tra preghiere e canti. Autorità e gente comune. Le donne velate di bianco aprono gli incensieri verso il dipinto dello schiavo angolano. Spalle e gambe degli uomini vacillano, l'Anda si muove. Nella ressa si cerca di arrivare al quadro. Amore e fanatismo si toccano, nel serpente di persone. Ceri indaco e guglie nel sole, bambini innalzati per fede all’immagine. Una colorata anarchia insegue l'Anda alla prima delle sue stazioni. Un cantante prega con la voce. A Cordusio, i predicatori evangelisti hanno poco pubblico. Statue di Virgenes occupano le stazioni, sacro e profano fusi in ristoranti di strada dove ceviche, pollo, pato e patas vanno via a 8 euro. Tutto mangiato con le mani da italiani e peruviani. Per una volta Milano è provincia di Lima e crede in qualcosa che non è se stessa. L’umanità è lì dove mancava di più.

GIANLUCA IOVINE

sabato 1 settembre 2007

MI PIOVE DENTRO

E poi ci sono i temporali che non danno avviso.
Speri siano solo pioggia fitta d'agosto.
Invece sono solo l'inizio
di una tempesta che non controlli.
Senza ombrello e balconi dove riparare,
Senza una borsa, un cappello, una giacca.
Pioggia che neanche le rientranze di un palazzo
o l'arco di un vicoletto fermano.
E' quella pioggia implacabile, violenta
che ti scorre dentro.

martedì 7 agosto 2007

TAIFUN

Incominciò così: Poche righe scritte immaginando piccoli mondi altri.
Poi non ricordo più. Una nube di polvere e sangue.
Voci, strepiti, urla, e infine un sonno simile alla morte.
Intanto, tra le rovine ci si agitava, increduli che fosse successo l'imprevedibile.

Ma l'Isola riusci a piegare la calamità, anche se tante palme erano state sradicate e distese tra il mare e la sabbia, insieme al loro carico di frutti.
Carapaci di crostacei e conchiglie senza più i loro abitanti, e sassi, e resti di animali.
Quei giorni su Scripta regnava solo il silenzio.
Poi venne la nuova alba, e il sapore amaro del sonno (o del sogno) svanì.

martedì 17 luglio 2007

Un cv particolare

Un ragazzo si presenta in un posto per un’occasione di lavoro.
Viene scambiato per qualcun altro.

”Prego, si segga. Prende un caffè?” Michele non riusciva a spiegarsi tutta quella gentilezza. “La nostra azienda cerca giusto un profilo come il suo! Sono sicuro che è inutile metterla alla prova. Per il nostro ufficio legale è quello che ci voleva! Michele stentava a credere che una laurea presa fuoricorso a Messina, e qualche rara presenza in Tribunale potessero dargli quel posto d’oro. Eppure dall’altra parte della scrivania quel tipo sudato, in giacca, continuava a sfoderare sorrisi, a trattarlo come uno di famiglia. Alle pareti, fotografie di campagne pubblicitarie famose, e dalla finestra, la più meravigliosa veduta di Roma che avesse mai visto. Il dottor Redaelli accompagnò Michele nel suo nuovo studio. Ad attenderlo una splendida segretaria mora con gli occhi blu. Tutti intorno, a mostrare deferenza per quel giovane con la barba, e un completo stropicciato. Michele si sentiva al centro di un film. Poi fu l’ultima frase di Redaelli a spiegargli tutto. Vede, la Finanza ci ha tenuti d’occhio per un po’. Ma ora con lei… Michele non capiva proprio dove quello voleva andare a parare. “Lei, continuava, saprà certo indirizzare i bilanci dove devono….uh…andare, mi capisce?” Sì, Michele capiva. Cercavano un uomo di paglia. E poi con quel cognome…. Soprattutto ora che suo padre… Beh, glielo confesso, mi è sempre dispiaciuto per il suo povero padre…per me Totò Riina è il più grande errore giudiziario di questo paese!

In fuga nel sole


Ragazzina rapisce la nonna che i parenti vogliono portare in ospizio.

“Ma tu non hai la patente!” “Beh, ma non è mica un problema, questo! Mi aiuti tu!” Concetta detta Titty e nonna Rosaria hanno cinquant’anni di differenza. Diciassette lei, Sessantasette l’altra. La vecchia Seicento blu di Don Carmine, pace all’anima sua, morto trent’anni prima sotto una botte nella sua cantina alla Vucciria, scalpitava come un cavallo. Un cavallo con la tosse, lanciata lungo il ventre di Palermo, verso Mondello. “Dove mi porti? Luisa a quest’ora avrà chiamato tutti, forse anche la Polizia!” “È per questo che dobbiamo fare in fretta, nonna! – disse Titty - correndo verso Capaci. Se la cavava bene, e la vecchia cercava come poteva di darle consigli per raddrizzare l’andatura, evitare di falciare qualche contadino a bordo strada, tenersi in carreggiata. Faceva caldo. Decisero di fermarsi giusto per andare in bagno e mangiare un panino. Era divertente Rosaria quando beveva la Coca Cola e le finiva nel naso. Concetta aveva giurato che la nonna in ospizio non ce l’avrebbero portato. Tutti dicevano che era arteriosclerotica, e un po’ era vero. Dimenticava le cose, se le faceva ripetere mille volte, ma una vecchia professoressa andava rispettata. “Nonna, raccontami ancora dei Vespri Siciliani, di Portella, anzi no, parlami dei D’Angiò, di Dalla Chiesa, di Cielo d’Alcamo, del Barocco…” E la nonna raccontava, quella lunga favola a modo suo, come se parlasse di Rinaldo e Angelica, forse perché suo nonno era pupàro. Intanto erano già arrivate a Messina, davanti al traghetto per il Continente. Concetta stava facendo i biglietti. Rosaria ansimava, sudava freddo, forse lo stress del viaggio. Sedette sotto un alberello all’imbarco. “Concè, io non ce la faccio! Così doveva andare. Senti, se vengono tuo padre e tua madre e mi vogliono portare all’ospizio, è segno che così doveva andare. Però se dovessi morire adesso, diglielo che anche ai vecchi piace scappare” E morì.

Hacked by love


Un hacker vuol fare colpo su una ragazzina. Ma non è il solo a conoscere certi trucchi.

Giacomo detto Rabid Dog sta prenotando un volo su Alitalia da un vecchio magazzino. Il suo pc è connesso. Intorno ci sono server, vecchi pc e schede digitali. L’interfaccia del sito è strana, porta l’operativo voli interno. Giacomo, occhiali neri, felpa e pantaloni lunghi, vent’anni e neanche un po’ di paura, si prenota un Milano – New York. Alla festa del centro sociale sta parlando e fumando con un gruppo di amici. Stanno suonando per il T28, per non far costruire un parcheggio a Viale Monza. Di sera, di nuovo al magazzino, Giacomo forza un altro portale. Compra le sue serie preferite in dvd, almeno 150 euro di roba. Spesa operaia, pensa. Una mattina vede fuori un locale di aperitivi una cameriera peruviana. È alta, selvaggia, con la faccia india. Decide di sedersi e ordinare una birra. Gli fa un po’ schifo stare in mezzo a tutti quei fighetti. Lui è diverso. Ha un quaderno, annota codici sorgenti mentre la ragazza gli porta la birra. Si sorridono. Lui ha del tabacco sul tavolo, lei lo nota. Quando torna per il conto, lui le fa trovare una sigaretta e su le dieci cifre del numero di cellulare. Al Centro sociale, i ragazzi decidono di attaccare il portale di un Ministero, e trovare certi elenchi che metterebbero nei guai più di un politico. Arriva Giacomo, stavolta è con Estrella. Le mostra al monitor quello che sa fare meglio: forza un paio di caselle postali e legge la posta di un attore e di un giornalista, entra nel pc di un ignaro utente, ed entra su Trenitalia, dove prenota due biglietti per Parigi. L’indomani, le dice, vedrai. La ragazza sembra sconvolta. Non pensava si potesse fare tanto con un pc. L’indomani si vedono per un gelato. Si baciano, sembra una storia come altre. Al magazzino, dopo un concerto, Giacomo la bacia. Poi entrano nel sito del Ministero della Difesa Americano. “Fa provare me”, gli dice la ragazza peruviana. E la lezione sembra l’abbia imparata. Naviga tra i codici di accesso, e trova documenti riservati. Poi spegne. “Smettila con questa roba, Giacomo” Nella mano ha il distintivo 0175. Polizia Postale, Martinez, Luisa Maria.

Come Teodora


TRACCIA UNO Una donna scopre il marito con l’amante. Ha poi un incidente d’auto. Batte la testa, perde conoscenza. Al risveglio…

Mara sembra felice. Anche se non ha avuto figli, la sua vita con Alberto è felice. È uno di quei rari casi di coppia dello spettacolo che funziona. Eppure, un giorno, comprando il giornale vede l’edicolante guardarla in modo strano. Abbassa lo sguardo, e su un giornale scandalistico, trova Alberto, il suo Alberto fotografato con una velina. Decide di fargliela pagare. Prende la Cinquecento nuova fiammante, e corre verso Cinecittà, dove Alberto sta girando una fiction per la Rai. Un cane le attraversa la strada. Per evitarlo, vola con l’auto contro l’albero. Tra le lamiere contorte, il corpo di Mara è esanime. Accorrono persone. Si sentono le sirene di un’ambulanza. NERO.

Mara è in un castello. Ha quattro uomini intorno a sé, a quattrozampe, cui tira della carne cruda. Ha il corpo seminudo, lucente, inguainato di nero, e due canini che affonda nel collo di un bruno alto, che le sta avvinghiato ai seni. NERO

Mara è in una discoteca. La musica è altissima, vibrante. Raggi laser rossi e azzurri le si posano sul corpo nudo. Sotto, una folla vociante di uomini, che cercano di toccarla. NERO

Mara è in carcere. La secondina le sta ordinando di spogliarsi, premendole con forza il manganello sul corpo, dopo averla ammanettata. Altre due detenute la tengono. NERO

Mara ha appena segnato la rete della vittoria. Ha la maglia della Nazionale. Nello spogliatoio, un’avversaria con la maglia del Brasile l’aspetta e poi la trascina sotto la doccia NERO

Intorno dei volti familiari, immagini che appaiono poco a poco. Sempre più vivide. Alberto le parla: Amore, apri gli occhi, senza… di te non…non.. ce la faccio!” Mara li riapre. Sentiamo i suoi pensieri: tu ti sei divertito. Ora tocca a me! E riprende a sognare. NERO

sabato 30 giugno 2007

All'Accademia

Finchè un giorno non entrò una bottiglia.
Ne sentimmo la vampa di fuoco, il crepitare del vetro dissolto.
Qualcuno aveva chiamato l'arte alla lotta e deciso che c'era arte di regime e arte di contestazione.
E intanto bruciavano le tele, e annerivano i muri.

E io, che non leggevo Marx e che Schmitt non l'avevo mai amato, mi ci trovavo indiscutibilmente in mezzo.

IL MATRIMONIO MULAZZANI

Ma quella del matrimonio Mulazzani me la ricordo bene.
I paggetti e le damigelle si inseguivano per le gradinate del Duomo d'Amalfi.
I genitori dello sposo che si sposava in uniforme erano emozionati e sudati: in celeste e con il cranio rasato Alberto, ex pilota militare, e con un abito blu a fiori sua moglie Gisa, una bella signora lombarda.
I coniugi Raia stringevano la mano di Loredana, radiosa nel macramè bianco latte. Lei teneva la mano di Enrico, che alla destra portava la sciabola da cadetto.

I signori Raia erano persone umili, io mi augurai solo che la foto che avevo davanti agli occhi non si avverasse tanto presto. Sperai che il destino di quel pilota in missione di pace in una terra lontana non spezzasse quei sorrisi.

Ma ora c'era da pensare al presente. E a un fotografo che vede il futuro nessuno dà credito.

A SANTA MARTA

A SANTA MARTA
Rumore, rumore. Santa Marta non era mai stata come in quel 1977, e forse non lo sarebbe stata più.
Le contorsioni di parole e suoni di Demetrio e degli Area facevano imbestialire Giuan, ma il portiere del palazzo di fronte, in fondo non li aveva mai amati, quei ragazzi con la barba e le bandiere di Cuba.

Habibi Habibi, cantava Demetrio e Giuan bestemmiava a ogni attacco della chitarra elettrica.

Era un minuetto macabro, era il progressive.

martedì 19 giugno 2007

UN FIORELLINO AZZURRO

Un fiorellino azzurro in un prato non fa poesia.
Il poeta distratto preferisce fumare, e scartarlo.
E non s'accorge che la cenere spegne quei colori.
Troppo tardi, ha arso ciò che era sotto gli occhi.
Ora dovrà inventare di aver visto qualcosa.

Lui che l'ha spazzata via nel silenzio.